Chi siamo

Cascina Lesna. Carta Topografica della Caccia, 1760-1766. © Archivio di Stato di TorinoCascina Lesna. Carta Topografica della Caccia, 1760-1766. © Archivio di Stato di Torino

Correva l’anno 1958, il primo di gennaio, quando l’arcivescovo di Torino, card. Maurilio Fossati, istituiva con decreto la “Parrocchia S. Francesco d’Assisi” alla Borgata Lesna, affidandola ai Frati minori conventuali della Provincia religiosa ligure-piemontese. Ma la sua storia era cominciata molto prima, e per tanti anni dopo continuò…

L’Ordine dei frati minori conventuali fu presente a Torino, presso la chiesa di S. Francesco, fino alle soppressioni napoleoniche e alle leggi Siccardi del 1850. Secondo una tradizione, la chiesa e il “luogo” dei frati fu fondata dallo stesso san Francesco, di passaggio a Torino nel 1214: «[…] san Francesco venendo da Assisi […] per andare in Francia passò da Chieri […] indi andò a Torino dove cominciò da una picciola chiesuola, costrutta nei tempi andati da’ Signori della Rovere, [.. ] che gli fu conceduta dal Comune della città, cresciuta poscia col tempo, e con la pietà dei cittadini in quel celebre convento, e sontuoso Tempio, dove in oggi pure li Padri di quell’Ordine, continuando a calcare le orme di quel Serafico Padre, rendono fama, e gloria insieme all’Augusta Città, che diede alla santa opera la prima mano» (Ferrero di Lauriano, Istoria della augusta città di Torino, nella stampa delli fratelli Zappata, Torino 1712, pp. 61-62 e 150).

Accademia delle scienze National Central Library of Rome National Central Library of Florence Historia dell'augusta citta di Torino del conte, e caualiere Gran Croce D. Emanuele Tesauro, proseguita da Gio. Pietro Giroldi ... - In Torino : per Bartolomeo Zappatae: per Bartolomeo Zappata

Ma anche se probabilmente non direttamente al Santo di Assisi essa risale sicuramente al XIII secolo (effettivamente san Francesco si recò verso la Spagna nel 1213 circa, come racconta anche Tommaso da Celano, e come proverebbe la tradizione della reliquia della manica del suo saio, donata a Beatrice di Savoia e conservata allora nella chiesa francescana di Susa e ora nel convento dei cappuccini di Parigi; cf. 1Cel 56: FF 420), anche se attualmente è in forme barocche.

Ma, tornando alla nostra parrocchia della Lesna e senza andare così indietro nel tempo, notiamo allora che i primi frati arrivarono in questo posto nel 1937, quando acquistarono villa Lesna, il terreno davanti al fabbricato e l’area recintata a ovest. Qui fu aperto il primo convento, sotto l’autorità di p. Carlo Pavone e con un solo altro frate, p. Gaspare Fracassi. Dipendevano ancora però dalla parrocchia di Pozzo Strada, con cui, per altro, i rapporti erano mantenuti anche grazie alla processione mariana che dalla chiesa parrocchiale ogni anno giungeva fino al convento.

E se la comunità religiosa è ridotta ai minimi termini, la testimonianza di povertà, la fondazione di una fraternità dell’Ordine francescano secolare, l’impegno a gestire il piccolo asilo e persino la realizzazione di alcuni interventi architettonici (la chiusura con finestroni di vetro del porticato adibito a cappella), sono encomiabili.

Nel maggio 1943, il nuovo padre guardiano, e cioè il superiore della comunità dei frati, p. Martino Berio, si darà molto da fare per aiutare la popolazione coinvolta dalla guerra e dai bombardamenti. A lui si deve il progetto di costruire un rifugio antiaereo sotto la villa stessa.

Siamo così arrivati all’istituzione della parrocchia, da cui abbiamo preso le mosse. Il primo parroco fu p. Stanislao Proietti, che vi si insediò il 30 marzo, domenica delle Palme, provinciale il p. Bonaventura Raschi.

Nel 1961, la parrocchia cambiò “intestazione”. Per non creare confusione con la già citata e antica chiesa di S. Francesco in Torino, i frati proposero il titolo di “Madonna della Guardia”, mutuandolo da un famoso santuario di Genova. E nel 1963 arrivò anche una bella statua lignea con la tradizionale iconografia di questa apparizione. La vita e le attività della parrocchia si arricchirono sempre più: l’Azione cattolica nel 1945, la Conferenza di San Vincenzo nel 1960, l’associazione sportiva Kolbe nel 1962, gli scout del Torino 22 Agesci nel 1981. Nel frattempo, però, fervono anche i progetti e i primi interventi per realizzare una vera e propria chiesa, di cui si sentiva sempre più il bisogno.

Il 18 aprile 1960, è ancora il cardinale Fossati a posare la prima pietra del cantiere, che vedrà poi inaugurare, il 30 ottobre dello stesso anno, il grande salone, futuro sottochiesa, ma per ora e per un po’ di anni facente funzione di chiesa. Lo scavo fu eseguito senza costi in quanto l’impresa si accontentò di utilizzare la ghiaia ottenuta dallo scavo. Dal marzo 1965 al novembre 1966 si erige anche il nuovo convento, accanto alla chiesa, liberando così gli ambienti della villa. Finché il 3 settembre 1978 partono i lavori anche per la nuova chiesa, sopra il salone, su progetto dell’architetto Carlo Sifredi. Sabato 29 marzo 1979, finalmente, il cardinale Anastasio Ballestrero presiede la consacrazione della chiesa Madonna della Guardia completata,presenti anche il ministro generale dei frati, p. Vitale Bommarco, e il ministro provinciale, p. Francesco Carratino.

Dal 1999, la Provincia religiosa ligure-piemontese si è unità a quella di Padova, con sede presso la Basilica di S. Antonio, attualmente con la denominazione di Provincia italiana di sant’Antonio di Padova.

Nel 2003, il cardinale Severino Poletto ha istituito l’Unità pastorale 7, di cui fanno parte, oltre alla parrocchia Madonna della Guardia, anche quelle viciniori di S. Leonardo Murialdo, N.S. del Sacro Cuore di Gesù e, nel territorio del comune di Grugliasco, S. Massimilano Kolbe.

 

I parroci della Madonna della Guardia

  1. Stanislao Proietti 1958-1982
  2. Antonio Pastorello 1982-1987
  3. Romano Gozzelino 1987-1994
  4. Piero Bertolo 1994-2005
  5. Giuseppe Cantù 2005-2013
  6. Zeno Carcereri 2013-2021

 

 

Bibliografia

Parrocchia Madonna della Guardia. 1958-2008. Cinquant’anni e oltre… (pro manuscripto)

Garzaro S., La Borgata Lesna. Vita di un paese di città, Graphot Editrice, Torino 2013

Eccoci

Ma c’era proprio bisogno di aprire un sito internet della nostra parrocchia, la Madonna della
Guardia? “Bisogno” proprio no, a dire il vero. Anche perché nessuno di noi ha effettivamente
bisogno di aumentare i suoi vari impegni parrocchiali: come dire?, ne abbiamo già abbastanza.
Bisogna pur aggiungere che non sarà certo internet a risolvere i nostri problemi pastorali, della
catechesi, né ci aiuterà a trovare più lettori o animatori per i giovani. Inutile illuderci su questo
versante. Tanto più che la maggior parte di noi manifesta qualche evidente allergia al computer, o
almeno incompatibilità.
Ma pensiamo per un attimo alle parole, proprie del linguaggio informatico, che noi usiamo…
Parliamo, prima di tutto, di “salvare”. Nel tentativo di sottrarre all’oblio, di far giungere a qualcun
altro, di fermare un pensiero, una parola, di renderla pronta a nuovi accessi, a nuove comunicazioni.
Salvare, anche nel regno del Web, è operazione necessaria. E se ogni atto del “salvare”, anche
quello eseguito nel computer, fosse traccia della nostalgia che è in noi di essere salvati? Mah...
Diciamo poi di “convertire”. Cioè di carpire dalla vorace bocca del nulla ciò che abbiamo appena
salvato, perché sia raggiungibile e condivisibile pur nella continua e acceleratissima evoluzione dei
linguaggi informatici (ma vi ricordate i programmi di scrittura che usavamo anche solo vent’anni
fa? e i floppy disc grandi come un 45 giri?). In fin dei conti, convertire non è, nel mondo
informatico come nella Bibbia, il processo che testimonia l’importanza vitale della relazione e della
comunicazione, di ritornare a una relazione e comunicazione essenziale per la nostra vita?
E poi “giustificare” e “icone”. In entrambi i casi, si evidenzia nel mondo del computer l’urgenza di
plasmare ciò che andiamo producendo secondo una forma che corrisponda al nostro gusto o alla
nostra fantasia creatrice. Insomma, cerchiamo di rendere belli i nostri documenti piuttosto che il
tema del desktop. E non è forse ciò nostalgia di una Bellezza più grande che illumini i frammenti
delle nostre esistenze? Non ci vengono in mente le icone della tradizione orientale? E san Paolo,
che ci ricorda che siamo “giustificati”, e cioè recuperiamo la nostra immagine e somiglianza con
Dio, la nostra autentica bellezza, solo per la fede nel Cristo risorto (Gal 3,2)?
Infine, la stessa parola “rete” ci richiama alla mente quella colma di pesci che Pietro e compagni
pescatori, dubbiosi e stanchi, tirarono su quella mattina, nel lago di Tiberiade, dietro suggerimento
di un certo Gesù (Lc 5,4). Che in qualche modo li rese, appunto, “esperti della rete”. E, guarda un
po’!, rete è, appunto, il web, internet.
E allora accogliamo con gioia e gratitudine anche questo sito: un’ulteriore “piazza” dove incontrarci
e dialogare, oltre alla chiesa e a tutti gli altri ambienti, interni ed esterni, della nostra parrocchia. O
anche solo per scambiarci informazioni e restare collegati. Ah già, si dice: connessi…

La comunità dei frati

Forse è arrivato il momento di raccontarvi un po’ meglio chi siano mai questi strani personaggi vestiti di un saio nero e cinti di un cordone bianco con tre nodi (una sorta di promemoria per i tre voti: obbedienza, povertà e castità), e che vivono nel convento della Madonna della Guardia, a della comunità parrocchiale. Sono frati francescani, e per l’esattezza frati minori conventuali (ofmconv).

L’eredità che Francesco d’Assisi ci ha lasciato (il suo così caratteristico stile di vita, la scelta di “madonna povertà”, l’opzione per la fraternità con tutti, la minorità, l’annuncio della pace, ecc.) era probabilmente troppo “grossa” per essere portata avanti da un solo ordine religioso. Già san Francesco ne aveva infatti pensati ben tre: il primo ordine (i frati), il secondo ordine, assieme a santa Chiara (le suore clarisse) e il terzo (i laici dell’Ordine francescano secolare – OFS (www.ofs.it; www.gifra.org), meglio conosciuti come terziari: alla Madonna della Guardia c’è una viva fraternità di terziari che si ritrova mensilmente!). Alla sua morte poi, per tutta una serie di motivi storici ma anche per qualche “tradimento” degli stessi frati (effettivamente era dura cercare di vivere l’intuizione di Francesco con la sua stessa radicalità), ben presto l’ordine dei frati minori (così Francesco voleva che si chiamassero semplicemente i suoi seguaci), si divise in tre distinte famiglie. Anzi, nel corso dei secoli in molte di più, tra riforme e controriforme, nonché soppressioni e interventi autorevoli di alcuni sommi pontefici. Finché il papa Leone XIII, nel 1897, cercò di mettere un po’ d’ordine nel marasma francescano, riportando tutte le varie denominazioni a tre: frati minori osservanti (più semplicemente noti come frati minori), frati minori cappuccini e, appunto, frati minori conventuali.

Semplificando notevolmente le vicende storiche e spirituali del movimento francescano, potremmo dire che i conventuali rappresentano in qualche modo la linea diretta discendente da Francesco, di cui avevano privilegiato la scelta della “comunità”, la presenza in mezzo alla gente (i conventi cittadini) e la disponibilità alle richieste pastorali della Chiesa; gli osservanti, una riforma all’interno dell’Ordine maturata a più riprese e sfociata nel 1517 nella divisione dai conventuali, sottolineavano piuttosto la radicalità della Regola francescana e, in particolare, della povertà; i cappuccini sono un ulteriore “riforma della riforma”, approvata dal papa nel 1528, e nascono come tentativo di tornare alle origini e ai piccoli eremi.

Rimane che tutte e tre le famiglie francescane professano la stessa e medesima Regola che Francesco si fece approvare ufficialmente da papa Onorio III nel 1223 (nota come Regola bollata, per distinguerla dalla Regola non bollata del 1221, sempre scritta da Francesco ma approvata dal papa solo oralmente), anche se ogni famiglia la traduce poi con Costituzioni e Statuti propri.

Ognuna delle tre famiglie è guidata da un superiore generale, da Francesco denominato “ministro generale”, che viene eletto dal Capitolo generale dei frati ogni sei anni: il ministro generale dei frati minori conventuali è oggi un argentino di nome Carlos Trovarelli. L’ordine è suddiviso poi in “province”, ognuna guidata da un “ministro provinciale” (eletto dal Capitolo provinciale ogni quattro anni: il capitolo, sia esso generale o provinciale, è di fatto la massima autorità di governo della provincia religiosa, così come il Capitolo conventuale lo è per ogni fraternità locale); il nostro ministro provinciale è attualmente fra Roberto Brandinelli.

Quella a cui appartiene la nostra comunità francescana della Madonna della Guardia si chiama Provincia italiana di sant’Antonio di Padova, e comprende tutto il nord Italia, dal Friuli al Piemonte, passando per Veneto, Trentino, Lombardia, Emilia-Romagna e Liguria. Attualmente dipendono dalla nostra Provincia: la delegazione del Portogallo, quella del Cile, quella di Francia e Belgio, la missione in Ghana. La sede, dove risiede il ministro provinciale, è a Padova, accanto alla Basilica di S. Antonio.

Il superiore della comunità locale, in questo caso quindi fra Fabio, si chiama guardiano, in ottemperanza a ciò che Francesco desiderava, e cioè che nessuno si chiamasse mai “superiore”, e viene anch’esso eletto ogni quattro anni in Capitolo provinciale (può essere rieletto al massimo per tre mandati).

Una comunità francescana, che è composta di frati tutti uguali tra di loro in virtù della loro professione religiosa, a prescindere dal fatto che poi molti siano anche sacerdoti, non è perciò semplicemente un gruppo di persone che si ritrovano a mangiare assieme e poi ognuno dietro ai suoi impegni. Ma piuttosto un gruppo di cristiani che, attraverso la condivisione di vita (dal Capitolo conventuale alla preparazione della cena) e la preghiera comunitaria si sentono chiamati gratuitamente da Dio a testimoniare quanto sia bello appartenergli!

La fraternità dei frati della Madonna della Guardia è disponibile ad accogliere persone che desiderino trascorrere un periodo di preghiera, ricerca vocazionale e servizio in convento.

 

Chi c’è…

Da sinistra:
fra Andrea Tosi, nato a Cesenatico il 15 dicembre 1979
fra Franco Careglio, nato a Asti il 6 ottobre 1948
fra Fabio Scarsato, nato a Brescia il 20 maggio 1964
fra Thaddaeus Apetorgbor, nato a Takoradi (Ghana) il 7 agosto 1982
fra Giuseppe Giunti, nato a La Spezia il 6 gennaio 1948  FRATEMOBILE

La Madonna della Guardia

Il primo resoconto della miracolosa apparizione mariana risale al 1530, ed è costituito da una Memoria del santuario che, composta in tali anni, intende provare la veridicità dei fatti. In essa viene narrata la storia del presunto miracolo, basandosi sul racconto di tre testimoni – Nicheroso Parodi di Cesino, Bartolomeo Piccaluga di Morego, Francollo Verardo di Livellato – tutti all’epoca di età tra gli 85 e i 90 anni, i quali riferiscono di avere conosciuto di persona Benedetto Pareto e di conoscere con esattezza lo svolgersi dei fatti…

Tutto inizia il 29 agosto 1490. Benedetto Pareto, sposato e con due figli, Pasquale e Bartolomeo, contadino di Livellato in Valpolcevera, sopra Genova, porta al pascolo il suo gregge sulla vetta del monte Figogna, come fa ogni giorno. La cima del monte era una “comunaglia”, cioè terreno lasciato liberamente ai contadini delle comunità che potevano qui venire a fare il fieno, tagliare legna, ecc., e probabilmente vi si trovava una di quelle torri di guardia edificate per l’avvistamento dei nemici in mare, da cui il toponimo del santuario. Verso le 10 del mattino, mentre attendeva che la moglie gli portasse il pranzo – nella Val Polcevera di allora i contadini mangiavano a quell’ora –, vide una signora maestosa, dal viso bellissimo, i modi dolcissimi e l’aspetto splendido, che gli disse di essere la regina del cielo, precisando per rassicurarlo di essere Maria, la madre di Gesù, indicandogli poi il punto del monte dove costruire una cappella a lei dedicata. Poiché Pareto era povero, ella gli aveva promesso l’aiuto necessario. È in quella sua concreta quotidianità e nel suo ambiente di vita, che la Madonna gli si manifesta. Per Benedetto si tratta di un incontro straordinario e semplice al tempo stesso. Non si domanda tanto come sia possibile che gli appaia la Madonna ma piuttosto, di fronte alla evidenza, come sia possibile che la Madre di Dio appaia a lui, un contadino nascosto nella storia e in un luogo di periferia, e gli chieda di costruire una cappella. Maria lo rassicura e lo incoraggia. Benedetto trova una prima resistenza nella moglie, che lo mette di fronte alle sue responsabilità: «Tutti sanno che sei un uomo semplice, ora diranno che sei anche pazzo». Benedetto riflette e desiste. Poi però cade da un albero e si riduce in fin di vita. Ha appena ricevuto i sacramenti e Maria, sempre secondo i testimoni, gli appare nuovamente e lo risana. Di fronte al miracolo della guarigione inspiegabile, mentre i medici ne avevano diagnosticato la morte imminente, tutta la famiglia si unisce al compito di Benedetto: costruire!

Il primo manufatto di Benedetto crebbe e si moltiplicò. Sempre più fedeli salivano a quella che fin dalle origini fu chiamata la “Madonna della Guardia”, con tutti i mezzi di locomozione ma soprattutto a piedi: gli otto chilometri in salita che portano alla vetta divennero così un “pellegrinaggio”, su strada sterrata prima e asfaltata poi, che moltissimi facevano a piedi nudi. Per accogliere tutti si costruì un primo santuario, che tuttavia presto non bastò: così nel 1890 si edificò la Basilica attuale, frutto di un grande concorso di popolo, opera di fatica, con squadre di uomini da tutta la vallata e dalla città che prestavano giornate intere per portare in vetta materiali e costruire, e con sacerdoti dediti e innamorati, come don Francesco Montebruno, il prete con la tonaca bianca di calce, educatore di schiere di giovani sbandati, capomastro in odore di santità. Il lavoro fu lungo e paziente: la nuova basilica era già a buon punto quando si scoprì che il terreno cedeva. Fu demolita e rifatta. Tutto si fece perché Maria aveva chiesto una casa e perché tutti intuivano che sarebbe stata casa di tutti.